Nelle ultime legislature centinaia di deputati e senatori della nostra Repubblica sono passati da un partito all’altro o da una maggioranza all’altra (vedi l’ultimo caso dei cosiddetti verdiniani) con molta disinvoltura e faccia tosta.
A proposito di questo trasformismo e di queste trasmigrazioni, credo sarebbe utile fermarsi a pensare se un tale atteggiamento possa essere accettabile oppure no.
La Costituzione, che, parafrasando Benigni, quando non era ancora renziano, era la più bella del mondo, era stata scritta da rappresentanti partitici per bene e di grande serietà, anche se di visioni politiche diverse e giustamente difendeva la libertà di esercizio delle funzioni dei propri membri senza vincolo di mandato. A nessuno dei parlamentari di quegli anni sarebbe mai passato per la mente di transitare, per esempio, dal Partito comunista alla Democrazia cristiana o viceversa. Una volta eletti in un partito, vi restavano, sia per coerenza, sia per rispetto dei cittadini che li avevano eletti. Dobbiamo anche ricordare che un tempo i deputati venivano scelti nominalmente dai votanti mediante il sistema delle preferenze, che, attualmente, invece, purtroppo è stato abolito. Quindi i transfughi, o più correttamente i traditori, se si fossero candidati alle successive elezioni, facilmente, oltre a non essere eletti, avrebbero corso il rischio di essere inseguiti da gente inferocita. Continua a leggere