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Centro Culturale Concetto Marchesi Milano Apertura in grande stile anno culturale 2013
Apertura in grande stile e manifestazione molto riuscita ieri pomeriggio al nostro Centro Culturale Concetto Marchesi per l’apertura dell’anno culturale 2013.
Il programma molto ambizioso che si è svolto dalle 0re 15 alle ore 18, ha richiesto una capacità organizzativa dettagliata e equilibrata. Il risultato è stato di alto livello e di gradimento da parte dei numerosi partecipanti.
La manifestazione è stata introdotta dal Presidente BRUNO CASATI, che ha illustrato brevemente le iniziative del Centro programmate nel 2012 e i progetti per il 2013 ed ha messo in risalto la ricorrenza del 92° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL PARTITO COMUNISTA D’ITALIA.
Vi è stata poi l’inaugurazione (Alfredo Novarini) e l’illustrazione (Giuseppe Leporale) del nostro nuovo sito “www. centroconcettomarchesi.it”
Particolare rilevanza e attenzione ha avuto il lancio della Mostra “Rivoluzioni” del pittore GENNARO MELE. Il Prof. Gian Franco Bertolo ha commentato la mostra e l’artista, presente all’inaugurazione, ha voluto personalmente esporre il senso del suo modo di dipingere e delle sue opere.
La Prof. Maria Grazia MERIGGI ha presentato con efficacia, la riedizione del libro “Operai del Nord” di EDIO VALLINI (Editrice Aurora).
Ha fatto seguito la Conferenza del Prof. ALESSANDRO HOBEL su “Luigi Longo nella storia del PCI”.
Molto efficace è stata la scelta di intervallare ogni intervento con le sonate di musiche del settecento eseguite magistralmente con l’arpa dalla giovane musicista LETIZIA ERIANO. Il connubio arte, storia e musica si è rivelato molto gradevole.
Saremo lieti di pubblicare sul nostro sito la documentazione e le immagini che ci perverranno sulla manifestazione e sugli ospiti che vi hanno partecipato.
La redazione
Il voto «utile» e le finte verità
di Alberto Burgio
Il faccione di Pierluigi Bersani si sporge da un manifesto elettorale. «L’Italia giusta dove la politica dice la verità», recita lo slogan. Lo sguardo fiducioso del leader mira a rinsaldare la promessa. Le mani giunte evocano prudentemente un’aura mistica. Il sorriso del buon padre di famiglia rassicura e conforta. Ma lascia trapelare anche un sottinteso beffardo. La «verità»? I suoi rapporti con la politica sono, da sempre, difficili e sarebbe prudente non sbilanciarsi sul punto. Dire la verità non è agevole quando si tratta di tattiche complesse in un ambito altamente aleatorio. Bersani chiede i voti degli elettori di Rivoluzione civile ma li considera di serie B quando etichetta la lista Ingroia come populismo di sinistra rifiutando ogni richiesta di confronto. E poi si sa, non tutto è pubblicamente confessabile.
Qualche bugia anche il segretario democratico deve pur raccontarla. Per esempio – per stare a questa stagione elettorale – a proposito dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Un giorno ha promesso che lo riporterà allo status quo ante la sua manomissione ad opera del governo Monti, il giorno dopo ha annunciato che invece lo lascerà così com’è. O sulla guerra in Mali, prontamente sostenuta dal governo Monti. Come al solito, Bersani va alla guerra spacciandola per un intervento di polizia internazionale contro il «terrorismo». Ha riprovato pure con la solita storia – vecchia e un po’ indecente – del cosiddetto voto utile. Perché è una bugia anche questa? O meglio, una frode bell’e buona, a danno di una parte di quell’elettorato al quale si dispensano sorrisi a buon mercato? Vediamo.
Com’è noto, il porcellum premia le coalizioni, non solo attribuendo a quella vincente un cospicuo premio di maggioranza (che, nel caso della camera, vale il suo pieno controllo), ma anche dimezzando per le forze coalizzate le soglie di sbarramento. Le coalizioni si formano – in linea di principio – su basi politiche: affinità programmatiche e condivisione di obbiettivi tattici o strategici. Per questo, tra centrosinistra e Rivoluzione civile non si è stretto alcun accordo. Il Pd, azionista di maggioranza del centrosinistra, è stato, insieme al Pdl del nemico Berlusconi, un pilastro del governo «tecnico», e orgogliosamente si proclama guardiano del «rigore» e dell’europeismo. Rivoluzione civile nasce all’insegna della più radicale critica a Monti e al neoliberismo, e vede in quel rigore il fulcro di politiche ingiuste che stanno distruggendo l’economia nazionale. Del resto, a sancire una distanza incolmabile, l’on. Bersani non ha ritenuto nemmeno di rispondere, per declinarlo, al ripetuto invito al confronto rivoltogli da Antonio Ingroia. Si è limitato a bollarne il mittente come «populista di sinistra», tanto per stare al bon ton.
Sin qui, comunque, nulla da eccepire. La lotta politica non è un minuetto, tanto più in campagna elettorale. Qualche rudezza ci sta. Senonché adesso il segretario democratico chiede all’elettorato di Rivoluzione civile di votare per il centrosinistra, nel nome del voto utile. Che significa? E perché questo è, non soltanto un raggiro – una frode, appunto -, ma anche un insulto e un gesto di disprezzo? Bersani dice che è solo matematica: ogni voto sottratto al centrosinistra equivale, nella somma algebrica, a un voto dato al fronte avverso del centrodestra. Questa sarebbe la «verità». Ma è davvero un modo curioso di interpretarla e raccontarla. Senza considerare le implicazioni che tale argomento porta tacitamente con sé.
Intanto, all’elettorato di sinistra, al quale si chiede il voto in ragione della logica frontista, ci si guarda bene dallo spiegare che cosa questo schema suppone. Ci si guarda bene dal dirgli che lo si considera soltanto una forza di complemento, un contenitore di voti, un numero: insomma, un elettorato di serie B, figlio di un dio minore, le cui idee e aspirazioni contano un bel niente. A questo elettorato stanno a cuore cose che il Partito democratico considera irrealizzabili o sbagliate. Il Pd definisce chimere o pure e semplici sciocchezze gli obiettivi elencati nel programma di Rivoluzione civile, e in questi termini si appresta a trattarli domani, quando le urne si saranno chiuse e i giochi saranno stati fatti. Oggi però si fa finta di nulla. Ci si rivolge ammiccanti agli elettori di sinistra, richiamandoli all’esigenza prioritaria di «battere la destra». E le loro convinzioni? Le loro speranze? I loro valori? Valgono meno del due di coppe quando la briscola è bastoni. L’importante è che adesso i loro voti contribuiscano alla vittoria del centrosinistra. Poi chi si è visto si è visto.
Non è questa l’unica astuzia che fa torto alla sincerità sbandierata dal capo del Pd. Anche la storia del pericolo della destra è una discreta presa in giro. Quale destra? Va bene Santoro, va bene la tempra del gran combattente, ma che Berlusconi possa risalire la china e minacciare la vittoria del centrosinistra è palesemente inverosimile. Non siamo più nel 2008, quando Walter Veltroni, inciuciando con il Cavaliere, prima determinò a freddo la caduta di Prodi e la fine anticipata della legislatura (tanto per ricordare chi «responsabilmente» riconsegnò l’Italia alla destra per i peggiori anni della storia repubblicana), poi chiamò tutti a raccolta contro Berlusconi proclamando la vocazione maggioritaria del neonato Pd. Allora qual è oggi il pericolo mortale contro cui si suonano a morto le campane del voto utile? È, meno drammaticamente (e assai meno nobilmente), il rischio che il centrosinistra non conquisti la maggioranza anche al senato e debba quindi andare a patti con un’altra coalizione. La quale però non sarebbe di certo quella capeggiata dal Pdl, bensì l’insieme delle forze centriste raccoltesi intorno all’attuale presidente del consiglio, sino a ieri portato sugli scudi dal Pd, difeso come un eroe nazionale, tenuto in caldo come probabile successore di Napolitano al Quirinale. Forse anche questo il sincero Bersani dovrebbe rispettosamente spiegare alle donne e agli uomini di sinistra di questo paese. I voti dei quali chiede come se fossimo in guerra contro i barbari invasori e vorrebbe invece, senza troppo pudore, incassare per la maggioranza assoluta del proprio partito.
C’è un’ultima questione che merita di essere discussa in relazione alla campagna per il voto utile che, non ne dubitiamo, infurierà senza ritegno sino al 24 febbraio. Qui non si tratta di verità o di bugie, ma “solo” di decenza e di dignità della politica. Ma insomma, è possibile che puntualmente, alla resa dei conti, si ricorra a un argomento che invece di incentrarsi su ciò che si è, si dice e si intende realizzare, fa leva sull’immagine del presunto nemico, su ciò che egli direbbe e minaccerebbe di fare? Sembra che – vagamente consapevoli della propria inconsistenza – i protagonisti della scena politica sappiano dire soltanto, con il poeta, «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». E non si racconti che è un caso se anche questa volta ci si affida a questa nobile arma. È tutt’altro che un caso, per il semplice fatto che scopo fondamentale del bipolarismo, caro al Pd quanto al Pdl, è proprio costringere alcuni elettori (proprio quelli – guarda caso – delle «ali» che il professor Monti oggi, come Massimo D’Alema ieri, desidererebbe tagliare) a rassegnarsi a scegliere il male minore. Che cosa questo significhi in tema di democrazia, quali conseguenze comporti sul terreno della rappresentanza, non è difficile intuirlo. Giacché si intende che con questo sistema molti parlamentari non rappresenteranno affatto gli interessi dei propri elettori, ma tutt’al più le loro paure, indotte ad arte dalla propaganda.
Come si diceva, la politica non è un ballo grazioso. Somiglia piuttosto alla guerra, con la quale è, del resto, strettamente imparentata. Non c’è dunque di che scandalizzarsi se nella contesa elettorale si imbracciano armi improprie o si truccano le carte. Se si agitano spettri improbabili, pur di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi e poter poi governare senza l’intralcio delle opposizioni. Certo, sarebbe bello se – invece di inondare gli elettori di appelli a «fare fronte» contro un nemico con il quale si ha molto in comune – ciascun partito combattesse a viso aperto nel nome delle proprie idee e dei propri valori, dicendo lealmente come vorrebbe che la società si trasformasse. Ma questo, soprattutto in un paese come il nostro, farebbe saltare in aria la gabbia del bipolarismo, che non per caso piace tanto a entrambi i capi delle coalizioni maggiori. Sì, perché la verità, questa davvero inconfessabile, è che, di là dalle crociate contro avversari dipinti ad hoc come l’incarnazione del demonio, il bipolarismo funziona alla grande nel garantire la «governabilità» proprio perché permette di sterilizzare il parlamento escludendone le sole voci dissonanti. Non sarà propriamente un dispositivo democratico, ma – su questo non ci piove – è utile. Senz’altro molto utile.
(da Il Manifesto – 24.01.13)
Chi siamo
Il Centro Culturale Concetto Marchesi, identificato con l’acronimo CCCM, ha sede legale in via Spallanzani 6, Milano. La sede, di circa 200 mq., è di proprietà della Cooperativa Editrice Aurora.
Il CCCM è un’associazione “senza scopi di lucro” (art. 1 dello Statuto).
Il CCCM si “caratterizza per la sua natura Democratica ed Antifascista e si propone come scopo la promozione di molteplici attività culturali, di documentazione e di informazione storica, artistica e ricreativa, mettendo a disposizione degli iscritti un accogliente ambiente di ritrovo, di consultazione, di studio e di dibattito” (art. 2 dello statuto).
Il CCCM è stato fondato nel febbraio del 1984.
Concetto Marchesi, a cui il Centro è intitolato (1878-1957) è stato il politico, oltreché raffinato latinista e accademico. che si configurò come intellettuale militante schierato contro il fascismo. Nel 1946 venne eletto nell’Assemblea Costituente e partecipò alla scrittura della Costituzione Italiana.
Il primo Presidente del CCCM fu nel 1984 l’illustre pediatra Alberto Mario Cavallotti. Tra i soci fondatori ricordiamo: Giuseppe Sacchi, Alessandro Vaia e Stellina Vecchio, Giovanni e Nori Pesce, Raffaele De Grada, Ludovico Geymonat, Gabriele Mucchi, Cesare Musatti.
Il CCCM ha ospitato nella sua sede l’ “Associazione Culturale Marxista”, la redazione della rivista “Interstampa” e, tuttora, l’Editrice Aurora (l’omonima Cooperativa ha sede invece in via Vallarsa).
Centinaia le iniziative promosse dal CCCM, dal lontano 1984 ai giorni nostri, che hanno visto tra le altre la presenza di: Gaetano Arfè, Samir Amin, Luciano Canfora, Hilarion Capucci, Enrica Cavallotti Pischel, Angelo Del Boca, Oreste Del Buono, Ambrogio Donini, Gianni Ferrara, Egor Ligaciov, Lucio Magri, Nella Marcellino, Gianni Minà, Valentino Parlato, Peter Kolosimo, Luigi Pestolazza, Elio Quercioli, Rinaldo Scheda, Mario Tronti, Michele Serra, Riccardo Terzi, Giò Pomodoro, Raniero La Valle, Lucio Libertini, Giorgio Galli, Enzo Mari, Gianni Rinaldini, Antonio Pizzinato, Carlo Ghezzi, Onofrio Rosati, Anatoly Sokolov, Don Alberto Vitali, Maria Grazia Meriggi, Aldo Giannuli.
Intervento del Presidente Bruno Casati
Milano in questi primi giorni del nuovo anno è meno fredda ed è stato un vero piacere percorrere le vie di Porta Venezia, cuore della città, per l’appuntamento con Bruno Casati, del Centro Culturale Concetto Marchesi.
L’incontro previsto alle dieci e mezza del mattino è avvenuto con reciproca puntualità, nella sede al pianterreno, a sinistra nel cortile, di un bello stabile tipico di case di ringhiera, in via Lazzaro Spallanzani 6 Milano.
Il presidente si è presentato con la sua consueta cortesia, di ottimo umore e, per consentirci la formazione di un’idea delle iniziative svolte dal Centro Culturale, ha voluto riassumerci le attività svolte negli ultimi due anni 2012 e 2011 (vedere gli allegati file).
Molto presto avremo il piacere di un nuovo incontro per farci anticipare le iniziative in corso di preparazione per l’anno 2013.
La redazione del sito
Centro Culturale Concetto Marchesi iniziative anno 2012
Centro Culturale Concetto Marchesi iniziative anno 2011
La sanità pubblica non è un’elemosina
Sul tema molto attuale della sanità pubblica, ben volentieri pubblichiamo un articolo di Albarosa Raimondi, già vice direttrice sanitaria del Policlinico di Milano.
La sanità pubblica non è un’elemosina
E’ di questi giorni la seguente notizia:”Sanità, stretta dei medici, basta con esami inutili.
Sorge spontaneo un interrogativo pressante: quali sono gli esami inutili? E come si può individuarli prima di prescriverli? Quando un esame diagnostico diventa inutile? Forse quando risulta negativo? Ma come si fa a saperlo prima? Il secolo XX ha fatto passi da gigante nella diagnostica medica e conseguentemente nell’approccio terapeutico. Così la vita media si è allungata un po’ per tutti: ciò è dovuto prevalentemente alla diagnosi precoce e agli interventi tempestivi.
Ma la diagnosi precoce, spesso anche in assenza di sintomi o in presenza di lievi malesseri aspecifici, viene fatta proprio tramite gli “esami diagnostici tempestivi”: certo in molti casi tali esami non evidenzieranno nulla di patologico, per fortuna, ma ina altri casi saranno fondamentali per una diagnosi precoce.
Da anni si sta assistendo ad un attacco metodico nonché mediatico ala sanità pubblica tentando, tra l’altro, di colpevolizzare sia i pazienti che i medici, ritenuti incapaci se a fini diagnostici prescrivono esami complessi, quindi costosi e conseguentemente ritenuti “inutili”.
Sara bene ricordare che: punto primo, la sanità pubblica non è frutto di elemosine, ma dovrebbe essere garantita dal prelievo fiscale che viene fatto sia sugli stipendi (prevalentemente dei tanto vituperati dipendenti pubblici)
Che sulle pensioni, sicuramente non sugli introiti degli evasori fiscali.; secondo, poiché sembrava che ciò non bastasse si è passati ad un ulteriore prelievo dalle tasche degli italiani mediante l’introduzione dei tickets, denominati partecipazione alla spesa sanitaria; terzo, non si è mai intervenuti seriamente sugli sprechi veri in sanità (v. consulenze inutili ed altro) ma ci si accanisce sempre contro le spese del personale sanitario, rendendo, con i tagli sulle assunzioni, sempre più difficile l’espletamento della propria professionalità; quarto, in realtà dietro tutte queste manovre c’è l’obiettivo di distruggere la sanità pubblica per renderla tutta privata e poter finalmente cominciare a guadagnare e speculare liberamente sulla salute delle persone.
Le assicurazioni, le società varie, ecc., sono da anni in attesa di poter mettere finalmente le mani su un potenziale bottino appetitoso. Infatti, le persone possono risparmiare su tutto: vacanze, vestiti, anche sul cibo ma per la salute tutti sono disposti a spendere i propri averi anche fino all’ultimo centesimo.
di Albarosa Raimondi
(pubblicato dal “Fatto Quotidiano”nella rubrica della posta dei lettori il 3 gennaio 2012)