Avv. Marco Dal Toso Giuristi Democratici MIlano.
Con sentenza emessa in data 25 gennaio 2017 la Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittima la legge n52 legge 6 maggio 2015 (nota come Italicum) nella parte in cui, secondo la legge elettorale adottata dal legislatore per la Camera “una lista può accedere al turno di ballottaggio anche avendo conseguito al primo turno un consenso esiguo (la seconda lista con il 15 per cento dei consensi avrebbe potuto ottenere alla Camera il 54 per cento dei parlamentari). e ciò nonostante ottenere il premio, vedendo più che raddoppiati i seggi che avrebbe conseguito sulla base dei voti ottenuti al primo turno. Le disposizioni censurate riproducono così, seppur al turno di ballottaggio, un effetto distorsivo della rappresentanza analogo a quello che questa corte aveva individuato nella sentenza n.1 del 2014 (abrogativa del Porcellum), in relazione alla legislazione elettorale previgente“.
A seguito della sentenza della Consulta, in caso di scioglimento anticipato delle Camere e in assenza di una legge elettorale approvata dall’attuale Parlamento nel solco indicato dalla Corte Costituzionale, avremmo una normativa di “risulta” sostanzialmente proporzionale con sbarramento alla Camera al tre per cento e premio di maggioranza sino al 54 per cento dei seggi per la lista che superi il 40 per cento dei voti (metà Italicum ) e un Senato che manterrebbe la sua natura elettiva su base regionale ex art. 57 della carta costituzionale e con soglia di accesso pari all’otto per cento per le liste che scelgono una presentazione autonoma dalle coalizioni (Consultellum).
Due leggi elettorali differenti, dunque, con possibilità di maggioranze diverse fra Camera e Senato.
Il Giudice delle leggi, sul punto, ha ribadito che “la Costituzione, se non impone al legislatore di introdurre per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici, tuttavia esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee”.
La sentenza del Giudice delle leggi ha confermato i capilista bloccati; anche qui si rimanda alla bontà dei partiti nella scelta della classe dirigente, visto che ben due referendum agli inizi degli anni 90 hanno prima ridotto e poi sostituito le preferenze con i collegi uninominali.
Tale sistema (quello dei capilista bloccati ), combinato con collegi di dimensioni ridotte porterebbe al risultato che la stragrande maggioranza dei parlamentari sarebbero nominati dai capi dei partiti senza che gli elettori possano concorrere in alcun modo alla scelta dei loro rappresentanti.
La nuova legge elettorale non deve essere, almeno per questa volta, una riedizione di leggi, che per la governabilità sacrifichino la rappresentanza in violazione dei principi costituzionali sul diritto di voto, eguale, libero e personale e diretto per camera e senato.
Una legge elettorale proporzionale per Camera e Senato, che archivi la stagione del Governo del Capo e restituisca ai cittadini il diritto di scegliere parlamentari è la via maestra per ricostruire alleanze credibili, fondate sulla compatibilità dei programmi (legge ordinaria contrasto alle delocalizzazioni produttive, tutela per i licenziamenti con la reintroduzione dell’art. 18 dello Statuto, difesa del contratto collettivo nazionale di lavoro, riduzione dell’orario e redistribuzione della ricchezza, abolizione dei voucher, salario minimo, modifica del pareggio di bilancio in Costituzione (art. 81), revisione dei Trattati Europei e abolizione del fiscal compact, deroga al patto si stabilità per gli enti locali, tassazione dei grandi patrimoni e delle grandi ricchezze, abolizione della “voluntary disclosure che ha legalizzato il rientro dei capitali illeciti esportati all’estero) e non, come spesso avvenuto nell’ultimo ventennio, sulla convenienza a spartirsi i premi di maggioranza.
Acquista tutta la sua pregnanza la sottolineatura decisiva del metodo elettorale proporzionale (per altro, individuato come metodo da preferirsi dalla stessa Assemblea Costituente che eletta con legge proporzionale, sul punto, approvò uno specifico ordine del giorno). Di esso si tace la reale caratteristica, proprio perché solo nella sua conformazione di meccanismo volto alla rappresentazione “integrale” del sistema elettorale merita il titolo che lo contrappone al metodo uninominale maggioritario, a uno o due turni, usato in Gran Bretagna, negli Usa e nella Francia “presidenzialista “. Il proporzionale “solo se è puro“ ha l’obiettivo di riflettere in termini più esatti possibili tutti i gruppi sociali e le forze politiche che partecipano alle elezioni.