di Bruno Casati
Era il 14 febbraio del 1984 quando, nel cortile di Via Spallanzani 6 a Milano, un centinaio di persone si accalcava in attesa che si aprissero i battenti di un Centro Culturale che in quel giorno si inaugurava. Era il Centro Culturale Concetto Marchesi (CCCM). Sottoscrissero in tredici l’atto costitutivo, è bene ricordarli :
Alberto Mario Cavallotti, Giovanni Bertolini, Claudio Tani, Teresa Peviani, Giancarlo Bellorio, Marco Borgonovo, Nunzia Fontana, Nori Brambilla, Adriano Spelta, Elisa Milanato, Valter Tanzi, Sabino Malizia, Giuseppe Torretta. Quel giorno venne eletto anche il Consiglio Direttivo del Centro che, a sua volta, votò il Segretario, Giovanni Bertolini,e il Presidente del CCCM il Professor Cavallotti, illustre pediatra, Comandante Partigiano e Costituente. Inoltre, quello stesso giorno, si misero in campo le prime iniziative pubbliche: già il 4 Marzo con il Professor Ruggero Spesso sulla “crisi capitalistica in Italia e nel mondo” e, l’11 Marzo un convegno contro le basi missilistiche in Italia, con il Senatore Raniero La Valle. E si pensò, già allora, alla presentazione pubblica del CCCM, che si programmò in occasione dell’anniversario della Rivoluzione di Ottobre. L’iniziativa si tenne al Piccolo Teatro di Milano gremito da più di duemila persone. Quel giorno parlò Ambrogio Donini e fu un grande evento, milanese e nazionale. Ma il CCCM faceva parte di un progetto culturale più ampio, che ruotava attorno alla Cooperativa Editoriale Aurora, proprietaria dei locali e altri spazi in Via Spallanzani. L’Aurora era la “Casa Madre” che pochi anni prima aveva generato due figli: appunto il CCCM, uno, la Rivista Interstampa, l’altro. Interstampa arrivò a contare migliaia di abbonati e aveva la redazione in Via Spallanzani. Il centro strategico, il ponte di comando di tutta l’operazione, era però concentrato in una triade di compagni comunisti di alto profilo: Alessandro Vaia, il Generale della 12^ Brigata Garibaldi in Spagna; Arnaldo Bera, Commissario delle Brigate Garibaldi del Cremonese ed erede dell’archivio di Pietro Secchia; Giuseppe Sacchi, Comandante della 114^ Brigata Garibaldi, e storico dirigente della FIOM che aveva diretto la lotta degli Elettromeccanici. Il capolavoro di questa triade fu quello di saper connettere donne e uomini della loro generazione, la “Guardia Partigiana” verrebbe da dire, con la leva dei giovani sindacalisti che si erano formati nelle lotte operaie degli anni Sessanta. Così’ il CCCM, con questo impianto strategico, non divenne mai un salotto di esercitazioni di intellettuali pensosi.
ma il luogo in cui le belle intelligenze, come Cesare Musatti e Ludovico Geymonat, scendevano dalla cattedra e si confrontavano con i lavoratori, erano ascoltati e, a loro volta, ascoltavano. Però in quegli anni si presentava, non percepito nella sua importanza, un tornante fondamentale della storia, dato dalla trasformazione del capitalismo avviata su base globale, un fenomeno che avrebbe avuto, anni dopo, con l’implosione del blocco sovietico, una violenta accelerazione, però subita con uno sconcertante vuoto culturale. Gli ultimi congressi del PCI letti oggi, lo stanno a dimostrare. Si pensi che mentre borghesia e proletariato stavano cambiando al loro interno e la classe operaia veniva frantumata per depotenziarla, l’unica analisi compiuta delle classi sociali risaliva all’elaborato di Paolo Sylos Labini che era del1976. Ma questi cambiamenti in corso o annunciati, lasciavano assolutamente indifferenti quanti, a sinistra, pensavano solo al Governo in cui collocarsi per amministrare senza cambiare (così Occhetto), e se i vincoli internazionali avessero imposto al Governo di andare in Guerra? “Ci si va e si bombardi pure Belgrado!” (così D’Alema). Si determinò allora un vuoto, un grande vuoto in cui venivano considerate irrilevanti e fastidiose le voci critiche. E il piccolo CCCM di Milano era, nel vuoto, una modesta sentinella che, inascoltata, dava l’altolà nell’indifferenza saccente di quanti consideravano la politica non l’arte del possibile ma la corsa ad imbucarsi negli apparati istituzionali. Tiriamo due righe di conto: passato qualche decennio, al Governo del Paese oggi non c’è più quella sinistra che aveva venduto al Belzebù del mercato l’anima per andarci, ma c’è il Governo più a destra che l’Italia abbia mai avuto dal 25 Aprile 1945. Un Governo, questo della Meloni, dove l’opposizione si è autoridotta a penoso elemento decorativo, tanto che, non ci fosse, questo Governo se la inventerebbe. Alla vigilia delle ultime elezioni un dirigente della sinistra che fù ebbe a dire che avrebbe votato ma solo quella formazione della sinistra che gli garantiva, per la propria inconsistenza, di non portare nessun eletto in Parlamento. Posizione lucida e disperante allo stesso tempo, a questo siamo ridotti. Ma è da qui che, purtroppo, oggi bisogna ripartire, alzando gli occhi oltre il quotidiano per ritornare a pensare e a studiare (non è un caso che i nazisti bruciassero i libri)
A questo servono i Centri Culturali, che sono utili ma solo se si sanno connettere, come ci hanno insegnato i Padri fondatori del CCCM, non tanto con i Partiti di oggi (quali oltretutto?) ma soprattutto con l’ANPI e la CGIL. Non vedo altri referenti. Oggi è più che mai indispensabile moltiplicare questi luoghi in cui, appunto, si ricerca e si coltivano ideali, coscienti che, se non passa la nottata, questi luoghi sono solo “campi profughi” (è l’amara citazione di Marco Revelli) in cui però si può formare la sinistra di domani. Con una accortezza: bisogna lasciar perdere oggi il corteggiamento a personaggi che, alle elezioni, si presentano per tornare ad avere qualche mese della visibilità perduta.
Non è con loro che si passa la nottata. Dovessero comunque presentarsi potrei essere condannato a votarli ma solo perché, come quel dirigente della sinistra che fu, convinto che non verrebbero eletti. A questo siamo ridotti. Tanti auguri dal campo profughi di Via Spallanzani che cocciutamente resta aperto da 40 anni.