Cosa si può dire di un compagno che ha diretto una delle più importanti lotte operaie del nostro Paese del 900: la lotta degli elettromeccanici del 1960? Lotta vittoriosa (“resisteremo un minuto più del padrone”, lo inventò lui) che aprirà la strada alla riscossa operaia dell’autunno caldo del 68/69?
E cosa si può dire di chi scrisse la più importante legge del 900 che trasformò i diritti conquistati in decenni di dure lotte in legge dello Stato, cioè lo Statuto dei Lavoratori?
Nulla!
Basterebbe questo per dire che è morto un grande e che con Giuseppe Sacchi se ne è andato uno dei grandi del 900.
Ma nel ricordarlo voglio parlare d’altro. Perché Sacchi era anche altro.
Soprattutto negli ultimi anni i suoi discorsi andavano sempre su due momenti della sua vita che ricordava con commozione: Sacchi è stato ciclista, “corridore” come mi diceva lui. E quando mi capitava di andare a trovarlo che stava guardando il Giro d’Italia si commuoveva.
Sacchi amava il ciclismo. Lo ha fatto seriamente quando era un ragazzo. Era un ciclista che in gergo veniva chiamato “gregario”. Quello che durante la gara compie le maggiori fatiche: apre la strada nella volata al campione, gli tira la salita: insomma lo fa vincere ma il merito non lo prende mai lui.
E poi Sacchi ha fatto il militare in marina. Per diversi anni ha girato il mondo sulle navi. Anche questo era una cosa ricorrente negli ultimi colloqui. Me ne ha parlato spesso forse perché la solitudine e le difficoltà vissute in quegli anni sono stati molto forti. Faceva il motorista. Riparava i motori delle navi. Anche qui come nel ciclismo stava nelle retrovie, nel sottofondo della nave.
Ecco, potrei scrivere mille cose di Sacchi, ma queste due mi sembrano la “cifra” della sua vita personale e politica: “quel che conta è fare non apparire”.
Caro Pino mi mancheranno i tuoi insegnamenti che in genere arrivavano tra un rigatone e l’altro cucinati con maestria dalla tua compagna Sunta, le tue battute sferzanti: “in politica non ci si propone mai, si viene proposti”, oppure “andare in Parlamento è stato importante ma le mie più grandi gratificazioni le avute nelle fabbriche con la Fiom”.
Non ci sei più! Ora ritroverai Sunta e le tue compagne e compagni della vita: Colombi, Vaia, Stellina, Bera, Nigretti, Pesce, Nori…
Buon viaggio carissimo compagno
Addio al comunista e partigiano Giuseppe Sacchi: scrisse la prima bozza dello Statuto dei Lavoratori
Storico sindacalista, aveva 99 anni, una vita in fabbrica e poi deputato del Pci. A Milano guidò le agitazioni operaie più importanti del secondo dopoguerra. Suo il celebre “resisteremo un minuto in più del padrone
di Matteo Pucciarelli milano.repubblica.it 13/12/2016
MILANO. Era nato a Mediglia nel 1917, era poco più che ragazzino quando cominciò a lavorare come operaio alla Om. Giuseppe “Pino” Sacchi, figura storica del mondo politico e sindacale e della sinistra milanese e non solo, se n’è andato. Il suo nome rimane legato allo Statuto dei Lavoratori: fu lui, infatti, a scriverne la prima bozza. Deputato del Pci per due legislature, dopo la Bolognina scelse di aderire a Rifondazione. La sua storia, come detto, è legata a doppio filo con i temi e le lotte legate al lavoro. Un uomo del secolo scorso, ma rimasto coerente con le idee di gioventù sino all’ultimo. Fu comandante della 114esima Brigata Garibaldi e subito dopo la guerra diventò segretario della sezione del Pci di Porta Romana. Nel 1948 venne licenziato dal suo lavoro in fabbrica alla Motomeccanica per rappresaglia, e così divenne funzionario di partito. Sette anni più tardi, vista la sua esperienza di tuta blu, entrò nella segreteria milanese della Fiom.Come ha ricordato uno dei suoi allievi politici, il dirigente del Prc Claudio Grassi, “è quello il tempo della lotta all’Alfa Romeo sui tempi e gli orari alla catena che, dopo l’accordo separato, la Fiom conduce da sola e vince; della lotta alla Geloso contro il licenziamento dei membri della Commissione Interna, con l’occupazione della fabbrica e con il padrone che apre il fuoco sui lavoratori; della lotta alla Breda; delle serrate alla Triplex e alla Franco Tosi. E partono da allora le vertenze di settore, dai siderurgici agli elettromeccanici, la lotta “delle quattro stagioni” – estate 1960 (è l’estate contro Tambroni) primavera 1961 – è, dopo le amarezze degli anni Cinquanta, il primo vero segno della riscossa operaia e dell’unità sindacale che Giuseppe Sacchi, persegue con l’allora giovanissimo segretario Fim Cisl di Milano Pierre Carniti.
Fu quella la lotta che aprì la strada al contratto innovativo del ’63. Nel corso della stessa lotta si inventarono – e fu fondamentale – forme nuove di collegamento fabbrica-città: i cortei silenziosi, il Natale in piazza, la tenda alla Borletti. E si provarono forme inedite di consultazione operaia, come le assemblee sui piazzali. Furono di quelle lotte – e di Sacchi – le parole d’ordine ‘resisteremo un minuto in più del padrone e ‘uniti si vince che verranno poi riprese e scandite nelle manifestazioni dell’autunno caldo e che porteranno a contratti avanzati e allo Statuto dei Lavoratori”.
Negli anni seguenti, Sacchi venne eletto prima consigliere comunale e poi deputato per due legislatura. Con Alessandro Vaia e Arnaldo Bera, Sacchi mise in piedi la Casa Editrice Aurora, la rivista Interstampa e il Centro Culturale “Concetto Marchesi”, dando infine vita alla Rifondazione Comunista milanese.