di Luigi Greco*
Enti locali e Regioni sono fortemente condizionati nella loro azione finanziaria ed amministrativa dal rispetto del Patto di stabilità.
Questo elemento deriva dagli accordi di Maastricht, con cui gli Stati europei si impegnarono, nella seconda metà degli anni novanta, ad utilizzare particolari strumenti economici per risanare i bilanci delle singole nazioni.
Il contenimento entrate/uscite fu imposto in Italia nel 1999 dal governo D’Alema ed era basato sulla cassa, e non anche sulla competenza dei bilanci. I Comuni poterono ottemperare a quel patto di stabilità operando sui tempi reali delle spese (per es., le fatture Enel dell’ultimo bimestre di ogni anno arrivano nel primo bimestre dell’anno successivo), ma anche sulle spese necessarie (sempre per es., gli stipendi del personale, la gestione dei servizi) da quelle non strettamente necessarie (i pletorici uffici stampa).
Negli anni di Tremonti (ma mantenuti tali e quali anche negli anni di Prodi) i parametri interessarono la cassa e la competenza dei bilanci con l’avvio del blocco, in particolare, delle attività degli Enti locali . Così le spese di investimento, fra le quali si inseriscono quelle per la manutenzione straordinaria degli edifici pubblici e delle strade, sono state le prime vittime. Ma anche le spese di gestione hanno avuto la stessa cattiva sorte, colpendo i servizi. Se ci chiediamo perché i comuni non aprono nuovi asili-nido, la risposta la troviamo nella presenza del Patto di stabilità. La costruzione dell’asilo-nido rientra nelle spese di investimento; i costi del personale, della mensa e così via rientrano nelle spese di gestione. Entrambe le fattispecie sono soggette al blocco previsto dal rapporto percentuale del “Patto di stabilità”. Mentre il cittadino impreca contro il sindaco inefficiente, questi impreca contro il Governo che strangola il Comune sia con il Patto di stabilità, sia con il taglio ai finanziamenti statali. Che cosa fare contro questa cappa di Nesso? Tutto quanto si poteva fare in Parlamento, è stato fatto. Tutto quello che la Conferenza Stato/Regioni poteva fare, è stato fatto. Io sono convinto che la protesta che l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia ha usato finora, sia stata debolissima. L’aver consegnato ai prefetti le fasce tricolori non ha risolto alcun problema. I prefetti si sono limitati a prendere atto ed a restituire le fasce tricolori. Personalmente, credo che i sindaci debbano, in modo unitario, procedere allo sciopero del Patto di stabilità: per essere più precisi, occorre che un numero consistente di Sindaci, lo stesso giorno, nello stesso momento, sforino tale Patto con cifre modeste per mettere il Governo di fronte alle sue responsabilità. Ci sono Comuni che hanno robusti avanzi di amministrazione, cioè quattrini disponibili in tesoreria, avanzi determinati dalla mancata possibilità di spendere: rivendichino questo minimo per rendere le nostre città vivibili. L’attuale Ministro Del Rio, quand’era Presidente dell’ANCI, questo minacciò, ma oggi che è al governo ha dimenticato tutto questo. Dobbiamo ricordarglielo. Maroni, da Presidente della regione Lombardia, parla di patto di stuipidità, ma dimentica un fatto: gli Enti locali dipendono dal ministero degli interni (che egli ha retto per anni!!). Quando era Ministro degli interni, che cosa ha fatto per evitare quella stupidità? Personalmente sono convinto che lo strangolamento dei Comuni e degli Enti locali, in generale, nasconda un attacco alla democrazia. I Comuni sono l’elemento di base per una politica di redistribuzione del reddito attraverso l’erogazione dei servizi: impedendo loro di funzionare si impedisce la loro funzione essenziale.
Infine, la cosiddetta riduzione delle spese della politica con la riduzione dei componenti delle assemblee elettive nasconde un forte attacco alla rappresentanza eletto/elettore. Alcune proposte di riforma (?) della struttura dello Stato vanno nella direzione di annullare anche questo rapporto: si pensi alla Città metropolitana, il cui consiglio sarà formato da un piccolo numero di Sindaci, scelti dagli altri Sindaci. Lo stesso vale per l’ipotizzato senato delle autonomie: che qualcuno voglia disabituarci a votare?
*già Assessore al Bilancio del Comune di Cologno Monzese