In merito al dibattito in corso in difesa della Costituzione pubblichiamo un contributo dell’Avv. Marco Dal Toso, Segretario della sezione milanese dei Giuristi democratici, sulle problematiche legate alla riforma, voluta dal centro-destra e dal Governo, della massima Carta repubblicana.
Di seguito, poi, riproponiamo una riflessione, datata 1980, dell’On. Prof. Alberto Mario Cavallotti, primo Presidente del nostro Centro culturale, che partecipò alla stesura della Costituzione repubblicana in qualità di membro dell’Assemblea Costituente. Come si evince dalle sue parole sembra proprio che in Italia non cambi mai niente.
La redazione del sito
LA VIA MAESTRA
di Marco Dal Toso*
Le procedure d’urgenza imposte al Parlamento dal Governo Letta per la modifica dell’art.138 della Costituzione, con un Disegno di legge di rilievo costituzionale, “del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali”, preludono ad una profonda revisione della seconda parte della Costituzione ovvero l’ordinamento della Repubblica ( forme di governo, bicameralismo perfetto e potere delle regioni), ma che potrebbe estendersi alle garanzie giurisdizionali (la giustizia) e alla prima parte della Carta.
Del resto, i nostri padri costituenti avevano pensato alla Costituzione repubblicana come ad un tutto unico nel quale gli assetti istituzionali e la separazione dei poteri servissero a sorreggere l’impianto dei principi costituzionali (la prima parte) per poterli realizzare. La nomina di un Comitato di saggi (soggetto extraistituzionale non previsto dallo stesso art.138 come soggetto riformatore), l’accorciamento dei tempi di revisione costituzionale (da tre mesi ad un mese) e il ricorso alla procedura d’urgenza per modificare la procedura di revisione costituzionale, sono da considerarsi passaggi istituzionali francamente dubbi. Procedure proposte a cui avrebbe dovuto opporsi, con energia, il principale garante della Costituzione e cioè il Presidente della Repubblica.
Allo stato, purtroppo, si deve prendere atto che il ricorso a tali procedure è pienamente condiviso dal Capo dello Stato.
Ma perche’ l’Ufficio legale della Jp Morgan (nota banca d’affari internazionale) dichiara che le costituzioni europee approvate dopo il secondo dopoguerra, quella italiana in particolare, sono incompatibili con le esigenze del mercato e con quello finanziario in primis? L’attuale forma di governo parlamentare stabilita dalla Costituzione repubblicana è incompatibile con le esigenze della globalizzazione neo-liberista; del resto, ce lo spiegano a chiare lettere i fautori stessi dello stravolgimento della Costituzione.
La proposta di legge costituzionale d’iniziativa del deputato Mario Pepe (XVII legislatura) presentata il 30 settembre 2010, infatti, così recita nel suo preambolo: “Le esigenze dell’economia del mercato necessitano di tempi rapidissimi di decisione, tempi non più compatibili con il parlamentarismo puro. Si e’ ovviato per anni a questo problema con i provvedimenti economici a iter obbligato, con la decretazione d’urgenza e con le leggi delega, tra le proteste di coloro che, giustamente, in termini di diritto costituzionale, considerano tutto ciò come una compressione dei diritti parlamentari. Occorre, viceversa, velocizzare il procedimento decisionale, sia pure con tutte le garanzie costituzionali, politiche e legali necessarie. Il progetto di legge costituzionale qui presentato tenta di dare risposta ai problemi evidenziati, proponendo l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri, l’ampliamento dei suoi poteri e il suo legame indissolubile con la maggioranza parlamentare”.
Ecco, quindi, disvelato dalla lettura degli stessi atti parlamentati, il vero obiettivo della controriforma costituzionale che, secondo le intenzioni dei proponenti, dovrebbe riguardare la modifica di circa quaranta articoli della Carta.
La lex mercatoria diventa , dunque, l’orizzonte strategico di un costituzionalismo regressivo e filo-liberista, capace di accettare la costituzionalizzazione dell’obbligo del pareggio di bilancio con la intervenuta modifica dell’art.81 della Carta, dopo quindici minuti di discussione parlamentare, approvato con una maggioranza superiore ai due terzi (voto a favore di Pd e Pdl) con l’unica opposizione parlamentare dell’Italia dei Valori.
Obbligo di bilancio (esteso agli Enti locali ) che cancella le differenze fra politiche economiche praticate dal centro- destra e quelle del centro-sinistra, uniformate dal rigore neo-liberista preteso dalla Banca Centrale Europea (si legga con attenzione, sul punto, quanto richiesto dalla Bce nella nota inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 5/8/2011).
Il Comitato dei saggi, voluto dal Presidente della Repubblica, nominato dal Governo Letta proporrà la soluzione del Premierato assoluto, unitamente a quello del ”semipresidenzialismo alla francese” (già proposto dalla bicamerale di D’Alema nel 97), evocando la necessità (questa si condivisibile ) di modificare la legge elettorale. Se lo vogliono,la legge elettorale può essere approvata con legge ordinaria ,senza modificare la Carta. Legge elettorale che dobbiamo auspicare “proporzionale allo stato puro” (così, del resto, con legge proporzionale, venne eletta in data 2 giugno 1946 l’Assemblea Costituente che elaborò nel dettaglio la carta Costituzionale).
L’appello denominato “La via Maestra”, sottoscritto da alcune personalitaà fra cui Maurizio Landini e Stefano Rodotà, si pone l’obiettivo non solo di difendere la Carta costituzionale, ma, soprattutto, di attuarla nella parte relativa all’uguaglianza sostanziale dei cittadini (secondo comma dell’art.3, predisposto, non a caso, da Lelio Basso) e al riconoscimento del diritto fattivo al lavoro, all’istruzione pubblica di qualità (art.33), all’espropriazione nell’interesse generale dei comparti economici strategici (art.43), alla partecipazione dei lavoratori “alla gestione delle aziende”(art46)”, al diritto di percepire salari “dignitosi”(art.36).
E’ la Costituzione che rivendica una politica fiscale equa ed ispirata alla progressività (art.53).
E’ la Costituzione che definisce che i Comuni devono avere le risorse per fare fronte “alle funzioni pubbliche loro attribuite” e che hanno “potestà regolamentare …nello svolgimento delle funzioni”. Non può un Governo, “bloccato” da piu’ o meno larghe intese, ridurre gli Enti locali ad esattori di scelte fatte altrove.
Purtroppo, ormai da troppo tempo, la Costituzione risulta essere largamente inapplicata.
Solo nel 1970 i diritti dei lavoratori vennero riconosciuti dalla legge 300, nota come “Statuto dei lavoratori” e, tra l’altro, varata dopo un biennio di dure lotte operaie e di forte conflitto sociale. Solo con essa, infatti, vennero riconosciuti i diritti, previsti dalla Carta costituzionale, nei luoghi di lavoro e nelle fabbriche.
Rilanciamo, dunque, anche dopo la manifestazione nazionale del 12 ottobre a Roma, in difesa della Costituzione, la costruzione nei territori di Comitati aperti a tutti i cittadini e le cittadine che vogliono dare attuazione piena alla Costituzione repubblicana.
L’impegno per applicare la Costituzione deve unire le energie migliori del Paese. Ci si rivolga a tutti quelli che credono che si può stare insieme nello spirito della Costituzione, sapendo che per stare dalla parte della Costituzione, non bisogna essere iscritti a questo o a quel partito, ma non e’ condizione ostativa l’esserlo.
Con la manifestazione di Roma del 12 ottobre 2013, si potrebbe aprire un nuovo spazio politico pubblico; spazio che una sinistra unitaria e anti-liberista, intelligente e non minoritaria può riscoprire attraverso il programma della Carta costituzionale.
*Segretario della Sezione milanese dei giuristi democratici
RIFLESSIONI DI UN COSTITUENTE
di Alberto Mario Cavallotti*
(1980)
Una nostra vecchia canzone partigiana diceva: “fischia il vento, infuria la bufera”. A distanza di quasi mezzo secolo, vento e bufera imperversano ancora. Ne deriva che le riflessioni di un Costituente non possono essere che amare. Torna il ricordo di quel gennaio 1948, quando applaudimmo la nascita della Costituzione. Cancellato il triste Statuto fascista e quello Albertino, l’Italia andava avanti secondo precise norme garanti un futuro di pace, sovranità nazionale, riconoscimento di diritti avanzati dei cittadini e, particolarmente, dei lavoratori.Oggi si ritorna a parlare di Patria, riconoscendo che è molto ammalata, tant’è che si accenna di rifondare una seconda Repubblica.
Ma l’impostazione è sbagliata: il fallimento non va imputato alla prima Repubblica, ma alla violazione della Carta Costituzionale. Purtroppo quella che dovrebbe essere la seconda Repubblica si presenta già quale allontanamento dalla Costituzione con l’appesantimento delle diseguaglianze fra classi e ceti che compongono il nostro Paese a tutto favore della classe del potentato economico e politico.La bufera imperversa anche sulle più alte cariche dello Stato. Non possiamo sottacere la grave questione riguardante il Capo dello Stato.Un nostro indirizzo partigiano fu quello della libertà di critica dei nostri capi.E’, questo, il fattore più importante della nostra democrazia.Il Presidente della Repubblica in carica oggi (Cossiga.n.d.r.) ha un passato che lo riguarda ancora prima di essere stato eletto Presidente.
E’ inutile che la faccia lunga: i nomi di SOLO – NASCO – GLADIO parlano chiaramente, tutti possiamo sbagliare, ma il problema è un altro: l’insistere nell’errore.
Se egli fosse divenuto il primo pentito d’Italia lo si potrebbe perdonare (si fa per dire) ma il persistere nell’errore, anzi, aggravandolo al punto di proporre una medaglia ai gladiatori, ci risparmia dal perdonare. La GLADIO sarebbe stata fondata per combattere una eventuale invasione da parte dell’URSS. A parte il fatto che l’URSS aveva da leccarsi le ferite della seconda guerra mondiale durante le quali lasciò sul campo 26 milioni di morti, la stupida scusa non tiene più. Appare ben chiaro che l’invasione, anche se inerme, venne da altra parte sottoforma di ingerenza, soprattutto americane nelle cose nostre. E questo fin dalle elezioni del 1948. L’ingerenza si sviluppò sempre di più attraverso la Nato, la CIA e la P2. La nostra indipendenza nazionale andò a farsi benedire.
Si impone una ripassatina alla nostra Costituzione.
Iniziamo dall’art. 11 che oggi è sula bocca di molti. Vogliamo leggerlo per intero: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Sulla parità con gli altri Stati ci sarebbe molto da dire, a partire dal fatto che nell’ONU siamo esclusi dal diritto di veto. Mi limito a quanto riguarda le organizzazioni internazionali di cui sopra. Che i movimenti per la pace siano presenti in quasi tutte le Nazioni non vi è dubbio. Che abbiamo il fine di assicurare la pace non ci piove.
E da qui iniziano le “osservazioni “da fare al nostro Capo dello Stato.
Durante la Guerra del Golfo (ma anche prima e dopo), i pacifisti hanno sostenuto la posizione della ricerca di una soluzione politica pacifica, comprendente tutti i problemi del Medio Oriente.
Il nostro Presidente ha definito traditore della Patria chi ha sostenuto la posizione pacifista. Pesanti parole che escono dalla bocca del Capo dello Stato. Basterebbe questo per convincere Francesco Cossiga all’auto “impedimento”, cioè alle dimissioni. Per gli altri due casi (art. 86) e cioè l’impedimento permanente o la morte gli auguro, invece, lunga vita politica e buona salute. Amen (e così sia).
Altre osservazioni.
La prima riguarda l’art. 87 che recita: il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale, ma, per rappresentare l’unità nazionale e, quindi, di tutti gli italiani, è buona norma rimanere fuori dalle parti.Invece Egli ha fatto dei “distinguo” nei confronti dei partiti pronunciando frasi di discutibile gusto.
Ancora osservazioni: riguardano i decreti legge elaborati dal Governo e leggi approvate dalle due Camere. I decreti legge cadono a pioggia.
E’ stato mai colto, Egli, dal sospetto della incostituzionalità di alcuni? Se avesse avuto tale sospetto avrebbe dovuto negare l’autorizzazione a presentarli alle Camere. E sarebbe stato, questo, un atto preventivo di enorme importanza.
Per quanto riguarda le leggi approvate dalle Camere e, soprattutto, quelle per le quali l’opposizione aveva avanzato il dubbio della incostituzionalità, ha consultato l’art. 74? Questo recita: “Il Presidente della Repubblica prima di promulgare la legge può, con messaggio motivato alle Camere, chiedere una nuova deliberazione.” Deriva da tutto questo che il potere esecutivo e la maggioranza parlamentare, in più di una occasione, hanno subordinato il Capo dello Stato.
Queste mie osservazioni susciteranno indubbiamente consensi e dissensi. Ben vengano entrambi, perché serviranno a vivacizzare i nostri congressi.
Rimane ferma, però, la mia convinzione che tutti rimarremo uniti nella difesa della Costituzione, della nostra Costituzione, che venne chiamata “figlia della Resistenza”.
*Deputato alla Costituente e primo Presidente del CCCM